Vitorchiano Alcuni volti enigmatici scolpiti nei monoliti fusiformi caratterizzano i terreni vulcanici dell’isola di Pasqua nel pacifico. Uno di questi è stato ricostruito su misura a Vitorchiano in piazza Roma da una decina di Moai , gli abitanti dell’isola , venuti alcuni anni fa da queste parti per rinsaldare un vecchio gemellaggio nato per caso e senza precedenti. Il contrasto tra il monolite e Vetus Orclanus (o Vicus Orclanus , antico nome che ricorda una probabile dipendenza dalla vicina città etrusca di Orcla , l’attuale Norchia) è evidente quanto basta per incuriosire i forestieri e suscitare tra gli abitanti contese tra chi approva e chi no l’idea di questo feticcio esotico davanti alle mura castellane. Siamo ad appena otto chilometri da Viterbo, a poca distanza dal teatro romano di Ferento e a due passi da Villa Lante di Bagnaia e dal Santuario della Madonna della Quercia. Vitorchiano nei tempi andati ha goduto di notevoli vantaggi, soprattutto da parte di Roma , di cui è stata alleata “fedele” nelle lotte medievali contro Viterbo. Carlo VIII nel 1494 ordinò ai suoi soldati di non alloggiare a Vitorchiano e di non imporre gabelle ai suoi cittadini. Persino Cesare Borgia trattò bene i Vitorchianesi, malgrado che nell ’inverno del 1502 avessero osato rifiutare l’ospitalità alle sue truppe . Pio IX, da parte sua, nel 1858 confermò al paese tutti i privilegi di cui già godeva. Nel 1960 il sindaco di Roma chiamerà a se una rappresentanza di “fedeli” della cittadina Viterbese per la cerimonia di apertura della XVII olimpiade. Il buon vicinato con Roma ha dunque carattere ultra secolare. Nel XII secolo per evitare il peggio da parte dei viterbesi che l’avevano sottomessa , Vitorchiano invocò e ottenne la protezione di Roma. Intorno alla metà del Duecento , dopo l’ennesima aggressione, i suoi abitanti riuscirono a spuntarla su Viterbo grazie all’aiuto della città eterna. Per non rinunciare alla protezione capitolina, si misero a pagare nel 1217, con le loro uniche forze, il prezzo del riscatto a Giovanni Annibaldi, che aveva avuto in pegno la storica cittadina. Il titolo di “fedele” venne emblematicamente onorato con la presenza in perpetuo, presso il Campidoglio, di una decina di abitanti guidati da un connestabile. Si racconta che Cola di Rienzo, nella cerimonia di consegna di un boccale d’argento dorato alla Chiesa di San Pietro, venne accompagnato da ben 50 “fedeli”. Nel 1414 Vitorchiano venne annessa al demanio regio di Ladislao re di Napoli , ma subito dopo Martino V la riconfermò al comune di Roma cui restò ,integrata nei beni camerali, fino al 1870.Lo stemma municipale con la sigla S.P.Q.R. avvalora questa appartenenza protrattasi per molti secoli e confermata da frequenti riferimenti in varie iscrizioni visibili, insieme all’effigie della lupa capitolina, sulle porte delle abitazioni e all’interno delle costruzioni. Il nucleo urbano della cittadina è di impronta medievale, sorge ancora integro su un picco roccioso all’interno delle mura castellane, da cui si esce e si entra attraverso un’unica porta. Fuori le mura cittadine troviamo due conventi, il primo è quello di Sant’Antonio la cui chiesa ,cinquecentesca, completata nel secolo scorso, custodisce una tavola del XVI secolo con la Sacra Famiglia, San Giovannino e Sant’Elisabetta. L’altro è quello delle clarisse di Santa Maria delle Grazie; l’annessa Chiesa della Madonna di San Nicola , edificata insieme al convento, nella seconda metà del XV secolo da un gruppo di artigiani lombardi guidati da un tale mastro Antonio da Como. L’interno è un tripudio di affreschi di mano ed epoca diversi, dal XVI al XVIII secolo, alcuni semplici ,altri più impegnati con influssi di artisti di rango appartenenti alle scuole del pastura, del Pinturicchio e del Perugino. Fra i tanti citiamo la Madonna del soccorso tra San marco e San Liberato Vescovo. L’accesso al centro storico è dall’unica Porta Romana, che si apre nelle mura castellane. Vicino è la rinascimentale Chiesa di Sant’Amanzio, restaurata. All’interno un’Annunciazione del 1514. Il Palazzo comunale (con archivio storico ricco di documenti risalenti al XII secolo), la fontana a fuso di stile viterbese nella piazzetta centrale , la Chiesa di Santa Maria Assunta (fonte battesimale rinascimentale e pergamo del XVI secolo) , la Casa del podestà, la piccola Chiesa di Sant’Antonio , sono i punti di riferimento di una “passeggiata nel Medioevo” resa ancor più credibile dal silenzio, rotto qua e là dal brusio delle acque che scorrono a fondo valle e che si intravedono, tra la fitta boscaglia, dal belvedere al termine di via Santa Maria. Un momento di rara suggestione è l’8 maggio , nella ricorrenza della festa di San Michele Arcangelo, protettore del paese. Viene venerato in un Santuario campestre , poco fuori le mura, edificato in seguito al racconto che fece un parroco del tempo sull’apparizione dell’arcangelo sul monte Gargano. Vitorchiano accoglie d’estate apprezzate manifestazioni musicali e una caratteristica sagra per la degustazione del “cavatello”, una sorta di pasta (acqua e farina) condita con pomodoro e formaggio pecorino.