Viterbo L’aristocratico centro storico si presenta serrato da una muraglia a tratti coronata da fila di merlature guelfe: le mura castellane, erette nel solco di quelle longobarde, si aprono a una decina di porte (Carmine, Fiorita, San Pietro, Murata, Romana, Verità, Fiorentina, Faul e Sonsa).Tutte recano il nome e l’anno di costruzione. Troviamo poi, almeno dieci piazze, dove si incontrano le fontane di pietra: una esclusiva che poche città possono vantare. Più che monumenti sembrano i segnali di un sapiente arredo urbano dei secoli andati. Spesso fiotti d’acqua delle fontane zampillano dalle bocche di mansueti leoni. Ed è proprio il leone l’emblema araldico della città; dal 1172 gli è stata messa accanto la palma fenicia, a ricordo della storica battaglia di Ferento , il vicino centro di origine etrusca, dove d’estate turisti e viterbesi si ritrovano numerosi per l’annuale stagione di prosa tra i ruderi romani dell’antico teatro. All’interno delle mura troviamo i due quartieri medievali di San Pellegrino e Pianoscarano, divisi e uniti, nel contempo, dal ponte Paradosso, dove nella Viterbo dei secoli bui si sono fronteggiate le opposte fazioni , si sono siglati trattati di pace e sono transitati papi , imperatori, soldatesche, mercanti, letterati e poeti.Dante ricorderà più volte di questi scenari nei canti della “Divina Commedia”. Le origini etrusche della città sono testimoniate dalle numerose necropoli sparse nella campagna circostante (Riello, Castel D’Asso, Norchia).All’Acquarossa, sulla collina antistante i ruderi di Ferento, il re archeologo svedese Gustavo VI Adolfo ci dimostrò, negli anni Sessanta, l’esistenza di un centro arcaico del VII-VI secolo a.C., all’avanguardia in fatto di edilizia, architettura sacra e organizzazione politico amministrativa. Studi archeologici ci informano, che uno dei primi nuclei abitati , si compose a partire dal VII secolo a.C. , sul colle di San Lorenzo, dove oggi sorgono il Duomo e il Palazzo dei papi. Il centro costituiva un importante quadrivio per i commerci con Cerveteri, Vejo, Tarquinia e altre località. Il nome del pagus non ci è noto, forse Surna, riferito al Dio degli inferi Suri cui le credenze popolari attribuivano le esalazioni sulfuree presenti nell’area. Nel periodo Romano, Surna lasciò il posto a un nuovo insediamento che prese il nome di Surrina Nova. La Vetus urbs (la vecchia città) tornerà alla funzionedi sicuro rifigio, al tempo delle invasioni barbariche, per diventare Castrum Herculis, primo nucleo della nascente Viterbo medioevale. Tra le varie etimologie, quella di Vetus Urbs è la più diffusa e sembra avere la meglio sulle altre, quali Vetus Herbanum (con il quale si indicava il castrum sul colle San Lorenzo), Vicus Elvii, Vicus Viterbii e infine Bitervum. I primi ricordi documentati risalgono al 773, quando il re ei longobardi Desiderio fortificò il castrum sul colle di San Lorenzo. Successivamente Carlo Magno, sconfitto Desiderio, confermò il castrum nella “donazione” alla Chiesa, dando così tono e ufficialità al nascente Patrimonio di San Pietro. Nel 1145, iniziò a consolidarsi l’immagine di “città dei Papi”. Il primo pontefice a trovarvi rifugio fu Eugenio III la cui presenza dette vita a un lungo periodo di ostilità con Roma. Nel 1167 Federico Barbarossa le conferì il titolo di “città” col diritto di fregiare il suo stemma con l’asta sormontata dall’aquila imperiale. La potenza di Viterbo non conobbe pause: nel 1172 sconfisse la città di Ferento estendendo i suoi domini in molte terre limitrofe. Nel 1192 venne elevata a diocesi episcopale da papa Celestino III. Nel 1207 venne riconosciuta come capoluogo del Patrimonio di San Pietro in Tuscia. Nacque,così, il primo nucleo dello stato pontificio che per tutto il Medioevo sarà oggetto di contese fra papato e impero. Da questa condizione, Viterbo seppe trarre apprezzabili giovamenti, parteggiando ora per l’una, ora per l’altra forza contrapposta. Il Duecento è ricordato a Viterbo come il “secolo d’oro”, passa alla storia per una serie di avvenimenti che imposero la città all’attenzione europea. Si inizia con un solenne Concilio celebrato nel 1207 da Innocenzo III. Si dovevano gestire drammatici eventi di politica interna per le continue lotte fra le opposte fazioni capeggiate dalle potenti famiglie dei Gatti e dei Tignosi. Sul fronte esterno, dopo i reiterati attacchi a Vitorchiano “fedele” a Roma, prevalse la linea di adesione alle truppe imperiali con la ribellione al pontefice e il patto di alleanza con Federico II. I Viterbesi sentendosi oppressi dal nuovo assetto politico, guidati dal Cardinale Raniero Capocci e con la partecipazione attiva di Santa Rosa, la cui fede e santità fu determinante per risvegliare nel popolo il desiderio di libertà, riconquistarono la città dopo un’aspra battaglia sul colle San Lorenzo.Morto Alessandro IV (1261) , rifugiatosi a Viterbo nel 1257, venne eletto al soglio pontificio, nella Chiesa di Santa Maria in Gradi, Urbano IV. Al primo e più lungo conclave della storia, che le è valso il titolo di “città dei Papi” , mancano pochi anni. Nel 1268, alla morte del francese Clemente IV la città fu lo scenario di un prolungata e sofferta elezione all’interno del palazzo vescovile. La “sede vacante” si protrasse per circa trentatre mesi: un periodo tra i più complessi nella storia della chiesa. Dopo una infruttuosa serie di concistori all’interno della cattedrale che vedevano cardinali stranieri favorevoli a un papa francese, che avrebbe dovuto sostenere i programmi angioini e i cardinali italiani favorevoli a un candidato come l’Orsini , il 1° Giugno del 1269 (data incerta) , il capitano del Popolo Raniero Gatti insieme al suo podestà Alberto di Montebuono, costrinse i cardinali, a radunarsi nel Palazzo vescovile, rinchiudendolo “cum clave”( da cui conclave) e minacciandoli di non liberarli se non ad elezione avvenuta. La prima drastica decisione del Gatti , sembrò anche se accompagnata da un razionamento dei viveri, completamente inutile. A quel punto lo stesso Gatti decise di scoperchiare il tetto del palazzo. I disagi dovettero essere veramente pesanti. La Fumata bianca giunse, dopo due anni, nove mesi e ventuno giorni dalla morte di Clemente IV. Il 1° settembre 1271 venne scelto il nuovo pontefice .Era Tebaldo Visconti di Piacenza. Negli anni a venire si susseguirono varie elezioni : Giovani XXI (unico papa portoghese della storia),Nicolò III e nel 1281 Martino IV. La sua nomina fu preceduta da gravi tafferugli tra gli Orsini e gli angioini ,si esaurì così il ciclo dei conclavi viterbesi e i papi non misero più piede nella città per circa un secolo. Dal 1305 al 1377, periodo in cui i papi risedettero ad Avignone,Viterbo fu dilaniata dalle lotte intestine tra la famiglia dei Gatti e dei di Vico. Il crudele Giovanni di Vico era impegnato a crearsi a ogni costo un regno con le terre del Patrimonio, Il progetto però venne contrastato da Egidio Albornoz, cardinale-guerriero al servizio del papa che nel 1353 costrinse il tiranno alla resa, il 9 giugno 1367 Urbano V ritornò a Viterbo e la città sembrò ritornare ai fasti di un tempo. Ma la pace durò poco. In seguito il papa fu costretto a ritornare ad Avignone per le continue lotte fratricide e una terribile pestilenza. La città torno di nuovo in balìa della famiglia di Vico, con lo stesso Giovanni che con il favore del popolo si fecec proclamare nel 1375 signore di Viterbo.Seguirono anni di estrema confusione con l’uccisione del tiranno nel (1387). Il progetto della famiglia di Vico si infranse per sempre davanti alle truppe del “cardinale di ferro” Giovanni Vitelleschi, commissario della provincia del Patrimonio dal 1435. Viterbo tornò così di nuovo sotto la protezione della Santa sede, che durò con alterne vicende, fino all’Ottocento.. Il 28 ottobre 1867 le truppe garibaldine del generale Acerbi occuparono la città, che votò l’annessione al regno d’Italia il 2 ottobre 1870. Nel 1927 Viterbo venne nominata capoluogo di provincia, riconquistando,così, quel ruolo di leader del territorio che aveva detenuto per molti secoli della sua storia.