Tarquinia

Tarquinia è una di quelle città italiane il cui nome evoca immediatamente un’immagine nitida e determinata: in questo caso è quella degli etruschi , l’antico popolo da cui Roma seppe trarre l’humus della sua grandezza. Il pensiero va subito a Tarquinio Prisco, a Servio Tullio e a Tarquinio il Superbo, ultimi re prima dell’avvento della repubblica. E’ proprio a loro che si riconduce la radice del nome adottato dopo il 1922, al posto di Corneto. L’archeologia conferma che siamo di fronte ad una delle più antiche città della confederazione etrusca. Le necropoli della fase più antica dell’Età del ferro, rinvenute a Poggio Gallinaro, poggio dell’Impiccato, Poggio Quarto degli Archi, ai Monterozzi e alla Civitucola, indicano la presenza di villaggi su pianori circostanti e soprattutto su quello principale chiamato la Civita. Nel sito dove sorge la Tarquinia di oggi , si sono rinvenuti i resti di uno stanziamento villanoviano cui faceva riferimento la necropoli Le Rose . Anche nella vicina località il Calvario, compresa nel più vasto complesso della necropoli di Monterozzi, si sono ritrovati segnali inconfondibili di un centro abitato. Sul finire del V secolo a.C. i segni della decadenza commerciale e politica si palesarono anche nelle tombe, sempre più povere di vasellame greco, con le pareti incupite da personaggi demoniaci (tomba dell’Orco) quali Caronte e Tuculca. Tarquinia, persa l’egemonia sul Mediterraneo, si rivolse all’ entroterra in una sorta di “ritirata economica”, durante la quale intrattenne rapporti con i centri di Tuscania, Blera, Norchia, Castel d’Asso, Musarna, San Giovenale ecc. La resa della potenza di Roma reca la data del 311-308 a.C. Tarquinia perse la libertà, riacquistando però un momento di pace, fintanto che nel 90 a.C. non entrò definitivamente, come municipio, nell’area politica di Roma. La decadenza di Roma (III secolo d. C.) accellerò in tutta la zona un deplorevole abbandono. Le invasioni barbariche costrinsero gli abitanti della Civita a trasferirsi sul colle antistante, dove sorse Corneto ( Corgnitum ). Il toponimo è probabilmente suggerito dal corniolo ( cornus sanguinea), una pianta di legno durissima molto diffusa nei dintorni . In un documento del 649 viene segnalato l’abitato e nel 743 e 861, alcune testimonianze ne confermano l’esistenza. Cinto da mura fortificate già nel IX e X secolo, l’insediamento acquistò importanza come centro commerciale intorno al Mille. Dopo essere stato, nella seconda metà dell’XI secolo possesso della contessa Matilde di Canossa, divenne libero comune, stabilendo fruttuosi rapporti con Genova, Pisa, Ragusa e Venezia. Per la sua fiorente agricoltura venne chiamato Horreum Urbis. Nel 1291, secondo la tradizione, San Francesco, di passaggio, resuscitò un bambino, nello stesso periodo, un tumulto contro il podestà Falcone di Pietro, provocò la morte di un suo ufficiale e del notaio comunale. Altri simili episodi, si verificarono intorno al 1330, quando la popolazione insorse contro il signore Matteo Vitelleschi. Nel 1345 Eugenio IV concesse a Corneto il titolo di città. Sempre nel Trecento, Corneto lottò strenuamente contro il cardinale Egidio Albornoz e Gerardo Orsini,che riuscirono a prenderne possesso nel 1355. Nel 1393 la città fu assediata dai bretoni che vennero respinti dai cornetani con gravi perdite; gli abitanti, nel 1413, offrirono “obbedienza a Ladislao, re di Sicilia e di Ungheria. Quattro anni dopo la città venne restituita al pontefice Martino V. Alla fine del XVII secolo venne occupata dalle truppe francesi: dopo alterne vicende, con il congresso di Vienna, Corneto tornò a far parte dello stato pontificio fino al 1870. La città si chiamò Corneto Tarquinia dal 1872 al 1922, anno in cui assunse definitivamente il nome di Tarquinia. La modesta consistenza di protezioni naturali, differenza di altri pianori similari, costrinse la città a dotarsi di una lunga cinta muraria ( circa 8 Km ) innalzata probabilmente nel V secolo a.C. quando si fece più minacciosa la presenza di Roma. Un tratto di queste poderose mura, formate da blocchi squadrati di macco, si ammira nella parte settentrionale. A vista anche il basamento del grandioso edificio detto Ara della Regina: un vasto rettangolo di 77 metri per 35, entro cui si innalzava un tempio sacro ( non si conosce la divinità). Il frontone era abbellito da terrecotte, una delle quali venne miracolosamente ritrovata intatta negli anni Trenta: si tratta dello stupendo altorilievo con i Cavalli Alati, capolavoro della prima metà del IV secolo a.C. , che si ammira nel Museo di Tarquinia.

Le Tombe dipinte

Rispetto alle numerose camere sepolcrali di Monterozzi , necropoli che dal 2004 è nella lista dei siti “Patrimonio dell’umanità “dell’UNESCO, le poche tombe dipinte, rappresentano un unicum che fornisce la più completa documentazione dello sviluppo della pittura nella penisola italica dal VI al II secolo a.C. La dovizia di pitture, che rende Tarquinia famosa nel mondo, è in buona parte dovuta alla consistenza del banco calcareo del ripiano di Monterozzi, particolarmente adatto alla conservazione dei colori. Fra le tombe più colorate e originali, per dovizia degli affreschi, ricordiamo le seguenti: Tomba degli Auguri ( 530 a.C.); La tomba del Barone o dei Cavalli ( fine VI secolo a.C.); La tomba della Caccia e pesca ( 520- 10 a.C.); Tomba dei Cardarelli (fine VI secolo a.C.); Tomba dei Giocolieri ( fine VI secolo a.C.);Tomba delle Leonesse ( fine VI secolo a.C.); Tomba dei Leopardi (470 a.C.). Tomba dell’Orco o di Polifemo (IV secolo a.C.); Tombe dei Tori ( 530 a.C.); Tomba Tifone ( 150 a.C.); Tomba Fior di loto ( prima metà del VI secolo a.C.); Tomba di Padiglioni di Caccia ( VI-V secolo a.C.). Inoltre nel complesso tombale di Scataglini ( IV-I secolo a.C.), ricavato in una vecchia cava di macco, con decine di sepolcri di varie epoche, troviamo la Tomba Aninas.

Il centro Storico

Sotto il profilo artistico- monumentale , Tarquinia si segnala come una delle città laziali di maggiore interesse. Si pensi, in primo luogo, all’aristocratico Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Nazionale. Venne eretto nel 1440,un anno prima della morte di Giovanni Vitelleschi, noto come il “Cardinale di Ferro”, cui l’edificio è dedicato. Tra le chiese, la più antica è quella di Santa Maria di Castello risalente al 1121, come risulta da un’iscrizione dell’interno. Venne eretta in forme romaniche su una preesistente costruzione. Il Duomo si fa invece apprezzare per gli affreschi del presbiterio eseguiti dal Pastura nel 1508-1509, miracolosamente sopravvissuti all'incendio del 1643. Come il Duomo, di stile romanico sono anche la piccola Chiesa di San Martino con affreschi di scuola senese, la Chiesa dell’Annunziata con portale di stile normanno, la Chiesa di San Giovanni Battista restaurata in periodi successivi. Di aspetto quattrocentesco è invece la Chiesa di San Francesco, con un campanile più tardo risalente al Seicento. Infine la romanica Chiesa di Santa Maria in Valverde che custodisce una tavola bizantina della Madonna col Bambino. ll quadro monumentale si completa con il grandioso Palazzo Comunale la cui facciata, rifatta in epoca barocca, è ingentilita da una imponente scala esterna. Nella piazza antistante si innalzano una elegante fontana settecentesca e la Chiesa del Suffragio consacrata nel 1761.

I dintorni

In prossimità della costa tirrenica, a circa 5 chilometri dall’abitato, troviamo Le Saline di Tarquinia che occupano un’estensione di 80 ettari, con ampie vasche che un tempo servivano per l’approvvigionamento della città di Roma. L’intera zona è riconosciuta come riserva naturale per la protezione di numerosi uccelli che vi nidificano (gabbiani, anatre, fenicotteri ecc.) Nei pressi, si intravedono i resti del Porto Clementino, ricostruito nel 1449 per poi essere demolito dalla flotta napoletana nel 1486 e nuovamente ristrutturato da Clemente XII nel 1783. La sua definitiva distruzione avvenne durante la seconda guerra mondiale.