Canepina E' un piccolo paese tra i boschi dei monti Cimini, la zona vanta un ambiente e un clima particolarmente favorevole, piacevoli occasioni di festa, e un piccolo museo delle tradizioni popolari. Per quanto riguarda l'origine del toponimo l'accostamento di Canepina alla parola canapa, la cui lavorazione era diffusa fino ai tempi recenti, e' il piu' plausibile. Non e' da escludere, tuttavia, il termine locale canepine, che indica un terreno irriguo: la zona e' infatti ricca di corsi d'acqua. Buona parte degli abitanti continua ad affidarsi, come per secoli hanno fatto i loro padri, all'economia del bosco, alla raccolta delle castagne ed alla coltivazione di noccioleti. Il mestiere del bottaio, assurto ad emblema della lavorazione del legno, ha origini antiche e la storia del paese nei secoli passati e' stata addirittura segnata dagli obblighi imposti dalla vicina Viterbo per la realizzazione di cerchi e botti, un vero e proprio tributo feudale.
Alcune testimonianze archeologiche dimostrano la presenza di insediamenti risalenti ai periodi etrusco e romano. Vale per tutti il Santuario di Arcella-Fontana Rosa, un edificio rupestre a circa un chilometro dal centro abitato, legato al culto delle acque salutari, dove si legge una dedica dei coniugi Marna (Pacilius e Pacilia) alla Bona Valetudo e alla Bonadia Castrensis. Le prime notizie sul borgo di Canepina sono del 1011, anno in cui forse fu costruita una rocca nella parte piu' alta del paese, poi ampliata dai Prefetti di Vico, signori della zona. In un documento del 1093 si parla di un fundus Canepinae di proprieta' dell'Abbazzia di Farfa. Nel 1554, seguendo le sorti di altri centri del Viterbese, entro' a far parte del ducato di Castro fino al 1649 (anno della distruzione della citta' farnesiana), quando ritorno' sotto lo stato pontificio. Della Rocca, ceduta nel 1332 al patrimonio di San Pietro che la governo' per mezzo degli Anguillara, rimane ben poco. Si fanno apprezzare, invece, il Palazzo comunale eretto dai Farnese nel XVII secolo, come casino di caccia e la Chiesa di Santa Maria Assunta ricostruita agli inizi del Cinquecento in forme sangallesche su una precedente costruzione di minori dimensioni
All'ingresso del paese sorge la Chiesa di San Michele Arcangelo (detta anche Madonna del Carmine), di forme tardo-rinascimentali, che conserva un affresco con la Crocifissione, restaurato dal Balletta nel XV secolo, e una tela cinquecentesca raffigurante l'Incredulita' di San Tommaso. Un'ala dell'attiguo convento, opportunamente restaurato, ospita il Museo delle tradizioni popolari. Il museo raccoglie le sezioni dedicate ai mestieri, alla vita quotidiana e alle feste tradizionali del mondo contadino. I manufatti e gli strumenti esposti testimoniano il lavoro delle generazioni passate. La cucina locale merita l'asterisco per due piatti, il fieno e i ceciliani. Il primo e' una pasta all'uovo leggerissima tagliata a mano sottilissima che si condisce con una salsa a base di pomodoro(semmai arricchita da rigaglie di pollo) e formaggio pecorino. I "ceciliani" sono invece una sorta di bucatini (acqua, uova e farina) ricavati a mano, utilizzando un ferro da calza; il condimento e' simile a quello del "fieno". Non mancano altre specialita' dolci a base di nocciole detti "tozzetti", liquori di sapore di nocciole e castagne, da gustare specialmente nei fine settimana di ottobre in occasione delle "giornate della castagna". Tra le feste, si segnalano a gennaio la benedizione degli animali nel giorno di Sant'Antonio Abate; a maggio la ricorrenza della patrona Santa Corona e d'estate una serie di spettacoli musicali, folcloristici e sportivi.